Nel taiji si studiano le forme, sequenze di movimenti continui e concatenati che si svolgono lentamente, come al rallentatore. Tradizionalmente si tramandano quasi esclusivamente attraverso l’imitazione.

Imitare significa imparare ad osservare. Il mondo è pieno di illusioni ottiche, cose che sembrano in un modo ma poi sono in un altro. E questo sia per le limitazioni dei nostri sensi, sia per la complessità della loro natura. Inoltre, la realtà è in continuo movimento e immersa in relazioni senza fine: una sua comprensione lineare è un’impresa senza speranza.

L’imitazione invece no, è la presa di possesso della complessità e la sua traduzione in una forma originale, la nostra. Quando studiamo le forme (ma soprattutto quando ne studiamo le applicazioni, quando “sezioniamo” cioè le nostre azioni – e reazioni -, rallentandole fino all’estremo e studiandole nel dettaglio) diveniamo consapevoli della facilità con cui i sensi ci ingannano. Della rapidità con cui la nostra mente, mentre cade vittima di una percezione molto superficiale, ci offra soluzioni (sbagliate) a problemi posti male. Seguirla ci porta dentro un malefico gioco di specchi.

Quel che conta è imparare a distinguere. Imparare a leggere la realtà in modo più organico, vale a dire più profondo, o più sottile. Sono metafore distanti tra loro, ma descrivono tutte lo stesso processo di presa di coscienza della complessità del reale e dei pericoli legati alle semplificazioni e alle scorciatoie. Distinguere comporta un certo lavoro, un certo sforzo. Ma essendo uno sforzo creativo, dell’intelligenza, è uno sforzo piacevole, entusiasmante perfino e molto divertente, se lo si prende per il verso giusto.

Quel che imitiamo, quando cerchiamo di riprodurre i movimenti fluidi delle nostre forme, non è dunque quel che appare in superficie, non è il “movimento esterno” (si chiama proprio così). Ricerchiamo la voce interiore di un movimento, la sua origine, il suo centro. Il movimento interno, tanto più è raffinato, evoluto, tanto meno è visibile dal di fuori.

Perciò non è sempre facile giudicare un grande maestro dalle sue forme: un’esecuzione molto raffinata apparirà solo semplice, naturale, priva di sforzo. Sono queste le caratteristiche intrinseche di un movimento veramente organico. Come lo riconosciamo nelle movenze di certi animali, nella luna che sorge lenta all’orizzonte, nelle onde del mare.